Ubicazione
Circoscrizione: Centro-Est
Indirizzo: Piazza Embriaci 5
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Notizie storiche
Secolo: XII
Attività (uso attuale): Complesso di appartamenti privati
Uso storico: Edificio nobiliare residenziale
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Categoria: Palazzo
Denominazione: Palazzo Brignole Sale
Denominazione originale: Palazzo Giulio Sale
Descrizione
Originariamente identificato come domus con torre della famiglia Embriaci (come ricorda la lapide sopra al portale di ingresso, datata 1869), il palazzo viene ceduto ai Cattaneo (1514) quando il ceppo originario, mitico erede delle imprese crociate, non aveva più l’autorevolezza di Guglielmo Embriaci conquistatore di Gerusalemme. Nel 1583 è acquistato da Giulio Sale che lo ristruttura, due anni dopo, secondo i canoni contemporanei (rolli del 1588/2 e 1599/3). Nel 1606 si rende necessario un intervento per formare un’ala su via Mascherona. Dopo il 1607, il palazzo passa a Gio. Francesco Brignole I (doge 1635-1637) che vi apporta le trasformazioni leggibili nella filosofia attuale (rollo del 1614). Nel 1626 si verifica il primo intervento di sopraelevazione. In seguito con il trasferimento dei Brignole a Palazzo Rosso (1675), l’edificio viene presto affittato subendo ancora una sopraelevazione dai Brignole, fino all’acquisto dei Fassio (1878) che vi collocarono un forno. Tutt’ora include una parte condominiale del Comune. Il palazzo è in stato di abbandono e degrado.
Delle strutture medievali, oltre la torre, restano ampi ambienti voltati al piano terreno, mentre il bel portale di Giovan Battista Orsolino, a colonne doriche con putti e fronte spezzato, e le poche tracce di affreschi raffiguranti uomini armati dentro le nicchie, presenti sulla facciata, sono opere compiute nel XVI secolo. Rimangono della struttura cinquecentesca l'atrio con volta e padiglione lunettato e lo scalone con volte a crociera, fino al piano nobile. Decorano ancora le sale del piano nobile gli affreschi attribuiti ad Andrea Ansaldo (1584-1638), ma di questi cicli biblici ("Sansone e Dalila", "Sansone abbatte il Tempio", "Ester dinnanzi ad Assuero") poco rimaneva già nel 1974, come pure delle quadrature con Eroi esterna attribuita a Bartolomeo Guidobono. Nella parte posteriore della fabbrica si erge ancora maestosa la Torre degli Embriaci, la più alta della città che, con i suoi ottanta palmi d'altezza rende omaggio alle gesta di Guglielmo Embriaco, detto "Testa di Maglio", condottiero in Terra Santa e conquistatore delle mura di Gerusalemme nel 1099. La torre, nonostante il restauro del 1927, non è visitabile causa forte degrado strutturale. Oggi il palazzo, posto sulla collina di Castello, risulta frazionato in numerose unità abitative compresa una parte comunale.
Nella straordinaria cornice Strada Nuova, dichiarata Patrimonio dell’Umanità UNESCO il 13 Luglio 2006, ha sede il Palazzo Rosso o Palazzo Rodolfo e Francesco Maria Brignole.
Nel Palazzo Rosso, nobile dimora ornata da affreschi dei maggiori pittori del Seicento ligure (i primi interventi decorativi furono realizzati dal 1679 da Domenico Piola e Gregorio De Ferrari con la collaborazione di quadraturisti e stuccatori, nel 1691 iniziò la seconda fase decorativa con gli affreschi di Giovanni Andrea Carlone, Carlo Antonio Tavella e di Bartolomeo Guidobono) e da preziosi arredi, è esposta una ricca quadreria che comprende dipinti raccolti nell’arco di più di due secoli. Tra gli artisti esposti nella galleria del nobile palazzo genovese: Dürer, Veronese, Guercino, Strozzi, Grechetto, Van Dyck, e molti altri ancora.
Le Guide
Carlo Giuseppe Ratti
Per quanto riguarda questo palazzo, si è deciso di riportare l’elenco minuzioso della quadreria redatto da Carlo Giuseppe Ratti, per sottolineare quanto le famiglie residenti in Strada Nuova fossero potenti, colte e desiderose di mostrare il loro status: «il nobil Palazzo del Sig. Anton Giulio Brignole volgarmente detto il Palazzo Rosso. Delle pitture che lo adornano eccone il catalogo
Sala Quadro grande, rappresentante il Ratto delle Sabine, è di Valerio Castello Genovese. Quadro grande, rappresentante il Carro del Sole con le quattro Stagioni, Ninfe, e Zefiri, di Domenico Piola Genovese. […] Le figure del Volto, di Gregorio de Ferrari Genovese: le prospettive dei fratelli Haffner […].»
Segue la descrizione di stanze e salotti, in questa sede, verranno citati solo alcuni tra gli artisti presenti.
«Stanza prima alla dritta detta la Primavera[…] Tiziano […] Antonio Vandik […] Guido Reni. […] Due quadri grandi, uno ritratto del Marchese Anton Giulio Brignole-Sale a cavallo, e l’altro della Marchesa Paola Adorno-Brignole sua Moglie, d’Antonio Vandik. […] Le figure del vôlto, rappresentanti la Primavera, di Gregorio de Ferrari: le prospettive dei fratelli Hafner.
Stanza seconda, detta l’Estate […] Guercino da Cento […] Cavalier Michel Angelo da Caravaggio […] Guido Reni […] Cappuccino […] Antonio Caracci Bolognese […] Brughel Fiammingo […] Annibale Caracci Bolognese […] Paolo Veronese […] Sinibaldo Scorza Genovese […]. Le figure del vôlto, rappresentanti l’Estate, di Gregorio de Ferrari, le prospettive delli fratelli Hafner.
Stanza terza, detta l’Autunno […] Guercino da Cento […] Palma Vecchio […] Quadro lungo bislungo viaggio della famiglia di Abramo, con altre figure, ed animali, di Gianbenedetto Castiglione detto il Grechetto […] Andrea del Sarto […] Luca Cambiaso Genovese […] Giacomo Bassano detto il Vecchio Quadro rappresentante Giovane con abito orlato di pelliccia, del Tiziano […] Cappuccino […] Andrea Sacchi […] Antonio Vandik […] Le figure del vôlto, rappresentanti l’Autunno, di Domenico Piola, le prospettive delli fratelli Hafner.
Stanza quarta, detta dell’Inverno […] Paris bordone […] Giulio Cesare Procaccini […] Paolo da Verona […] Filippo Ribera, detto lo Spagnoletto […] Pellegro Piola […] Cappuccino […] Antonio Vandik […] Carlo Maratti Romano […] Domenico Sampietri, detto il Domenichino […] Federico Barocci […] Ovato con la testa di S. Giambatista, di Leonardo da Vinci Fiorentino.
Le figure del vôlto, rappresentanti l’Inverno, di Domenico Piola, le prospettive del vôlto, delli fratelli Afner, e gli ornati delle muraglie, di Andrea Leoncino.
Loggia, o sia Galleria, che dall’appartamento di Levante comunica a quello di Ponente, rappresentante il tempio di Diana distrutto, con prospettive, e rovine, del Viviani, e figure di Paolo Girolamo Piola.
Stanza quinta, detta la Vita dell’Uomo.
[…] Giulio - Cesare Procaccini […] Cappuccino. Quadro rappresentante N. Signora Assunta in Cielo, detto del Correggio. Quadro grande, figura intera, di Antonio Vandik […] Paolo Brilla Fiammingo […] Antonio Carracci […]Giovanfrancesco Albani […] Guercino da Cento […] Antonio Carracci.
Le figure del vôlto, rappresentanti l’età dell’uomo, di Giovannandrea Carlone Genovese, le prospettive, delli Fratelli Afner: e l’ornato delle muraglie, di Andrea Leoncino.
Stanza sesta, detta delle Arti Liberali' […] Carlo Antonio Tavella […] Mirandolano […] Chiappe […] Le figure del vôlto, rappresentanti diverse arti liberali, ed altre virtù, di Giovannandrea Carlone: le prospettive delli fratelli Afner, e l’ornato delle muraglie, di Andrea Leoncino.
Stanza settima, detta l’Alcova.
[…] Francesco Rigaud Parigino […] Sopraporta a fresco, di Giacomo Buoni Bolognese Le figure del vôlto, di Giovannandrea Carlone Gli ornati d’ Andrea Leoncino.
Stanza ottava, detta della Gioventù in cimento tra la Virtù e il Vizio.
'Quadro, sopra tavola, ritratto di Pietro Paolo Rubens, e sua moglie, dipinto dallo stesso […] Guercino […] Procaccino […] Cappuccino […] Bassano Vecchio […] Chiappe […]
Quadro rappresentante una scaramuccia, del Vandik, e del Cornelio […] Paolo da Verona […] Sinibaldo Scorza La pittura del vôlto , di Domenico Parodi, Genovese: gli ornati, di Giovannandrea Leoncino.
Stanza nona, detta il Gabinetto.
Quattro quadri a tempera, rappresentanti la Religione, la Giustizia, la Continenza, il Valore, ed altre pitturine a fresco, allusive agli stessi oggetti, di Lorenzo de Ferrari Genovese.
Stanza decima, detta l’Anticamera
[…] Quadro grande rappresentante Armida, di Domenico Parodi Le Prospettive, di Giambattista Revello.
Stanza undicesima, detta della Cappella.
Il volto, e le muraglie, d’Andrea Leoncino. Le figure colorite, a chiaro scuro, e bassi rilievi della cappella, di Domenico Parodi.
Stanza duodecima, detta del Latte.
Diversi putti coloriti, e chiari e scuri, di Domenico Parodi. Gli ornati di Andrea Leoncino.
Nelli Mezzanini.
Il Primo
Le figure del vôlto, e li quattro quadri rappresentanti i quattro Elementi, di Giacomo Buoni Bolognese, l’architettura, del Leoncini.
Il secondo
Le figure del vôlto, di Gregorio de Ferrari, le prospettive, di Giambatista Costa, e diversi piccoli quadri, e miniature, di rinomati Autori.
Il Terzo
L’architettura tutta è di Tommaso Aldobrandi Bolognese
Il Giudizio di Paride, li chiari e scuri, e diverse altre figure, e putti coloriti, di Domenico Parodi. Le due fontane di marmo una è opera del Pittore, e scultore Domenico Parodi, e l’altra dello scultore Francesco Schiaffino.
Il Quarto
La pittura del volto, rappresentante il Sonno tirato in carro dalle Colombe, di Domenico Parodi, l’architettura, di Giambatista Revello»
Anonimo, 1818
Palazzo Rosso fu il penultimo edificato in ordine di tempo, negli anni dal 1671 al 1677. Fu costruito con due piani nobili per soddisfare le esigenze della committenza.
Nel 1874 Maria Brignole Sale lo donò al Comune di Genova con tutte le collezioni contenute. Restaurato dopo i gravi danneggiamenti post bellici, è stato sistemato a museo dall’architetto Franco Albini. «Il gran Palazzo rosso di residenza e proprietà del Sig.r Conte Brignole Sale è […] da pietre rosse inquadrate tutto fabbricato. Ha un portico vastissimo, nel cui fondo è un picciolo cortile, ma però decorato da 14. colonne doriche di marmo bianco. Nella sua pianta è un quadrato perfetto, ed è dei tre più grandi palazzi, che ammiransi in questa strada. Per comoda, e spaziosa scala; ascendesi ai due piani di esso. Al primo son comode abitazioni, il secondo che è il Nobile appartamento serve al Sig.r Conte che è pure posseditore di una bella Collezione di quadri nella Sala, in dodici. Salotti e quattro. mezzanini» .
L’Anonimo riporta un elenco particolareggiato delle opere d’arte presenti all’interno del Palazzo; elenca la quadreria, brevemente accenna agli affreschi e riporta le dimensioni dei porticati interni e della loggia.
Federico Alizeri, 1846
L’elenco dei quadri è qui davvero molto lungo, e Federico Alizeri descrive anche gli affreschi, ma lo fa in modo molto scarno ricordando solo cosa raffigurano e l’autore.
In un solo caso cerca di essere poco più descrittivo; per quanto riguarda la loggia del secondo piano nobile afferma: «[…] Da questo salotto si passa in una loggia, la quale congiunge con quello di levante l’appartamento di ponente; le figure che l’adornano rappresentano le rovine del famoso tempio di Diana».
Giuseppe Banchero
Banchero descrive in modo dettagliato sia la quadreria che la parte più squisitamente architettonica, procedendo di ambiente in ambiente. Prima di addentrarsi nei salotti e nelle sale di rappresentanza, da una breve descrizione dell'esterno: «È denominato il palazzo rosso dalla maschia sua decorazione esterna tutta a riparti di pietre a bozze tinte di un rosso carico le quali a meraviglia armonizzano la vasta facciata che sorge a decorare la via nuova fino dal secolo XVI. Ampio ne è il portico con corte a più colonne di marmo d'ordine dorico. A destra una comoda scala vi conduce agli appartamenti superiori. Questa è adorna di vari busti in marmo cavati da antichi ritratti di romani imperatori.».
Ammirò molto il ritratto che Van Dyck fece del marchese A.G. Brignole Sale, a cavallo, e gli sembrò di poter leggere nello sguardo di fuoco del corsiero un messaggio personale dell’orgoglio della nobiltà italiana: Fra le tele italiane, soltanto una Cleopatra morente del Guercino lo interessò. Si abbandonò invece alla pittura fiamminga, di cui a Genova si possono ammirare molte opere.
Giovanni Battista Spotorno
Spotorno risulta molto breve nella sua descrizione: «E’ uno dei più imponenti e ricchi palazzi di Genova e degno veramente della Magnificenza di un re. L’eccellentissimo patrizio che ne è al possesso come signore di alti e generosi spiriti».
Federico Alizeri, 1875
La marchesa Maria Brignole Sale duchessa de Ferrari di Galliera e suo figlio, il Duca Filippo, il 12 gennaio 1874, donarono alla Città di Genova questo palazzo con l’intera quadreria e la biblioteca.
Alizeri comincia a descrivere il palazzo interrogandosi su chi sia il suo architetto, purtroppo non sa darsi una risposta esauriente nonostante sostenga di aver consultato diversi documenti; a suo dire, la fabbrica risale agli anni 30 del XVII secolo, per volere del doge Gio. Francesco Brignole che, per primo, aggiunse al casato il cognome dei Sale per amore della moglie. I sontuosi ornamenti delle sale risalgono ad un epoca più tarda: «Carlo Baratta […] pennelleggiando la Sala dell’appartamento inferiore […] Vi finse Colombo sdegnoso degli erculei confini e di scopritore di un mondo ignoto, e con figure soprapporta simboleggiò le virtù dell’Eroe, e con quella a monocromo della Liguria ne segnalò la patria.
[…] Guadagniamo la scala, arricchita […] di busti Cesarei a composto di varj marmi, ed accolta da un bel vestibolo od antisala, nel cui soffitto Gio. Andrea Carlone aggraziò più del solito e le tinte e i contorni in quel dotto pensiero di donna che abbracciandosi ad una piramide, lascia scoperto a leggersi: Monumentum virtutis. I due Haffner […] paiono anch’essi più dilicati, più diligenti, più armoniosi […] del loro consueto».
Da questa zona appena descritta si intravede, attraverso una vetrata, il Salone Maggiore, ma il percorso tra le sale obbliga il passaggio attraverso diverse camere; la prima è quella delle Arti liberali: «effigiate nell’alto dal […] Carlone e composte fra quadrature e ornamenti dagli Haffner. Altri fregi v’aggiunse […] il Leoncini.» Alle pareti, ritratti dei tre Dogi Brignole. Nella stanza successiva, denominata piccola alcova, si trovavano, all’epoca, altri ritratti di importanti personaggi della famiglia Brignole.
La terza stanza, della Gioventù in cimento, fu affrescata da «[…] Domenico Parodi nel vòlto, tra linee e fregi del Leoncini; ma già decrepito d’anni e così stentato che a dirne è nulla» . Erano in questa stanza numerose tele tra cui una Cleopatra attribuita al Guercino, una Sacra Famiglia attribuita ad Andrea del Sarto e una scena di genere attribuita a Van Dyck; nel 1875, in questa stanza era presente La Cuciniera, celebre tela di Bernardo Strozzi.
Si giunge così al Salone «lucente d’affreschi e d’oro, e smaltato nel pavimento da varj marmi, e distinto di nobili tele sulle pareti.
[…] Gregorio de Ferrari in quell’ampia vòlta […] espresse Fetonte che innanzi agli Dei chiede il carro del Sole» alle pareti tele di Domenico Piola, Valerio Castello e Bartolomeo Guidobono; Alizeri cita, inoltre, una statua in marmo di Gio. Francesco Brignole Sale, opera di Bernardo Schiaffino e un bronzo raffigurante Cristoforo Colombo «nell’atto che scopre da lungi la divinata terra d’America» .
Seguono quattro stanze dedicate, ciascuna, ad una stagione dell’anno «vivaci affreschi nei lor soffitti lucenti d’oro in risalti di plastica, come s’annunzia a pur nominare Gregorio, e con esso Domenico Piola, che si partirono in giusta metà le fatiche, e l’ajuto degli Haffner per gli ornamenti» .
A seguito della Stanza dell’Inverno, l’ultima delle Stagioni, si trova una galleria: «i padroni […] chiamarono Ottavio Viviani a dipingervi di prospettiva […] simulando le vòlte d’un tempio che cada in frantumi, e paia quasi disfarsi in sul capo di chi vi passa. Godetevi senza paura la grata illusione; e quanto v’ha di figura in ischerzi di pastori e di ninfe, sappiate esser cose ben primaticce di Paolo Gerolamo Piola»
. Segue il nono salotto intitolato La Vita dell’Uomo in quanto Gio. Andrea Carlone vi affrescò Le Parche; i fregi alle pareti sono opera degli Haffner e del Leoncini e due sovrapporte del Procaccini rappresentanti gli Apostoli.
Segue la sala delle Patrie Virtù, al tempo di Alizeri, adibita a biblioteca e interamente affrescata da Lorenzo de Ferrari : «Tutto è suo su que’ muri: il Valore simboleggiato del vòlto, e i fatti della Romana virtù imaginati a mostrarlo in esempio. Per maggior consonanza di parti condusse a tempra sulle pareti altre istorie a documento di gloria: la sapienza di Numa Pompilio che fa sacrifizj sulle sponde del Tevere, la giustizia di Manlio Torquato che giudica a morte il suo proprio figliolo, la fortezza di Scevola che stende la mano all’acceso tripode, e la castità di Scipione che rende a Lucio la bella fidanzata»
I Viaggiatori
Charles de Brosses descrive parte della collezione di quadri: «Per non abusare del tempo prezioso del signor procuratore generale, io non metterò nel mio elenco che le migliori opere di palazzo Brignole senza darne una notizia generale.
Al palazzo Brignole: Il ratto delle sabine, del Tempesta dove non ho trovato soltanto la forza che gli conoscete,ma anche la grazia e bel colore; una Levata del sole di Andrea del Sarto; due ritratti di Van Dyck, mirabili e un Ecce Homo dello stesso; un Suonatore di Flauto, del Cappuccino; Lazzaro del Calabrese e una Clorinda dello stesso; una Testa, perfetta dello stesso; una Vergine di Perin del Vaga; il ritratto di Calvino del Tiziano; un Mercato, del Bassano; Gesù Cristo nell’orto degli ulivi , di Paul Boldon (sic), capolavoro di chiaroscuro»
Gustave Flaubert giunge a Genova nel 1845 con la sorella e il marito, i due erano in viaggio di nozze, lo scrittore proseguirà da solo, il suo viaggio verso Milano e Ginevra.
Stupito dall’opulenza dei palazzi di Strada Nuova, così descrive Palazzo Rosso: «Il primo palazzo che ho visto è stato il palazzo Brignole; facciata rossa, scalone di marmo bianco. Le stanze non sono grandi come in altri palazzi, ma la manutenzione, i mosaici dei pavimenti e soprattutto i quadri lo rendono uno dei più ricchi di Genova. Due grandi quadri di Van Dick, marito e moglie in faccia l’uno dell’altro; il marito è a cavallo, visto di faccia, vestito interamente di nero, la testa nuda, occupata a fare il saluto: il cavallo è caracollante, un piccolo cane abbaia ai suoi piedi; il viso dell’uomo è greve, pallido, aristocratico, dolce e triste; la moglie è in piedi, la testa rigida nell’alto collare, i capelli crespi alla Medici, l’abito in stoffa pesante, verde a righe dorate che cade diritto»
Henry James scrive: «Uno di questi grandi edifici è tinteggiato di un bel rosso [...] stupende sale dipinte, nelle quali affreschi prospettici coprono i soffitti a volta [...] la duchessa di Galliera ha da ultimo dato prova della sua nobiltà facendo dono della Galleria di Palazzo Rosso alla città di Genova.»
Oscar Wilde si trova a Genova nell'aprile del 1877; in quel occasione , durante una visita a Palazzo Rosso rimane affascinato dal San Sebastiano di Guido Reni tanto che a Roma scriverà una poesia dedicata al poeta Keats, nella quale l’immagine del giovane martire è sempre presente:
«Rid of the world's injustice, and his pain,
He rests at last beneath God's veil of blue.
Taken from life when life and love were new
The youngest of the martyrs here is lain,
Fair as Sebastian, and as early slain.
No cypress shades his grave, no funeral yew,
But gentle violets weeping with the dew
Weave on his bones an ever-blossoming chain.
O proudest heart that broke for misery!
O sweetest lips since those of Mitylene!
O poet-painter of our English Land!
Thy name was writ in water -it shall stand:
And tears like mine will keep thy memory green,
As Isabella did her Basil-tree.»
Il verso interessante è il seguente: «The youngest of the martyrs here is lain, /Fair as Sebastian, and as early slain»traducibile nel seguente modo: «Il più giovane dei martiri qui giace, / bello come Sebastiano, e trucidato giovane come lui.»
A questa poesia Wilde aggiunse qualche settimana dopo una postilla in prosa: «Accanto alla modesta tomba di questo divino fanciullo, pensai a lui come a un Sacerdote della Bellezza ucciso prima del tempo; e mi si presentò dinanzi agli occhi l’immagine del San Sebastiano di Guido che avevo visto a Genova, un bel ragazzo bruno, con folti capelli ricciuti e labbra rosse, legato a un albero da nemici malvagi e, benché trafitto da frecce, gli occhi levati in uno sguardo divino, appassionato, rivolti alla Bellezza Eterna dei Paradisi che gli si aprivano dinanzi».
Friedrich Nietzsche in una lettera scritta il 13 maggio 1877 a Malwida von Meysenbug, descrisse e diede un breve commento alla galleria di Palazzo Rosso (da lui chiamato Palazzo Brignole): «[...] verso mezzogiorno mi feci coraggio e andai alla galleria del Palazzo Brignole, e, meraviglia, la vista di questi ritratti di famiglia mi rapì e mi entusiasmò; un Brignole a cavallo e tutta la fierezza di questa famiglia raccolta nell'occhio di questo possente palafreno èproprio quel che ci voleva per la mia umanità mortificata! Personalmente io stimo van Dyck e Rubens superiori a tutti i pittori del mondo. Gli altri quadri mi hanno lasciato indifferente, a eccezione di una Cleopatra morente del Guercino»
Bibliografia Guide
- Alizeri Federico, (Attribuito a) Manuale del forestiere per la città di Genova, Genova, 1846 pag. 293-306
- Alizeri Federico, Guida illustrativa del cittadino e del forastiero per la città di Genova e sue adiacenze, Bologna, Forni Editore, 1972 pag. 161-169
- Banchero Giuseppe, Genova e le due riviere, Parte III, Luigi Pellas Editore, Genova, 1846, pag. 43-48
- Poleggi Ennio e Poleggi Fiorella (Presentazione, ricerca iconografica e note a cura di), Descrizione della città di Genova da un anonimo del 1818, Genova, Sagep, 1969 pag. 146
- Ratti Carlo Giuseppe, Istruzione di quanto può vedersi di più bello in Genova in pittura scultura et architettura autore Carlo Giuseppe Ratti pittor genovese, Genova, Ivone Gravier, 1780, pag. 251-263
- Spotorno Giovanni Battista, Descrizione di Genova e del Genovesato, Vol. III, Genova, Ferrando, 1846, pag. 286
Bibliografia Viaggiatori
- Brosses de Charles, Viaggio in Italia. Lettere famigliari, Roma-Bari, Laterza, 1992, pag. 271
- Campioni Giulio e Gerratana Federico, (Notizie e note a cura di), Nietzsche Friedrich, Epistolario (1875-1879), Adelphi, Milano 1995, pag. 636
- Ellmann Richard, Oscar Wilde, Milano, Arnoldo Mondadori, 2000, pag. 65
- Flaubert Gustave, Notes de voyage Paris, 1952 traduzione in Genova, le nuove guide oro, Touring Club Italiano, Milano, 2001 pag. 86-87
- James Henry, Italian Hours, in Marcenaro Giuseppe, Viaggio in Liguria, Genova, Sagep, 1974, pag. 145
Bibliografia
L. Grossi Bianchi- E. Poleggi, "Una città portuale del Medioevo. Genova nei secoli X-XVI", Genova, Sagep editrice, 1987.
E. Poleggi, "Genova, una città di palazzi", Milano, Silvana editoriale Spa, 2002.
G. Pomella, "Palazzi Dei Rolli", Genova, De Ferrari, 2003.
L. Tagliaferro, "La magnificenza privata", Genova, Marietti, 1995.
E. Poleggi, "Una reggia repubblicana. Atlante dei palazzi di Genova 1530-1664", Torino, Umberto Allemandi, 1998.